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report di un pescatore con troppi scrupoli, (magari qualcuno ci si riconosce..)

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view post Posted on 21/5/2014, 07:35

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9 Anni


Come ogni anno, andavamo in villeggiatura a Bellaria, nel litorale adriatico. Nel 1974 le ferie duravano anche tre o quattro settimane e si alternavano il mare alla montagna. Quei trecentocinquanta chilometri che ci separavano dal mare costituivano allora un lungo viaggio, almeno otto ore, che affrontavamo, stipati all’inverosimile, con la bianchina 600 di mio padre. Sgarrupatissima ma motorizzata Abarth. Per giunta, essendo mio padre un teorico delle “partenze intelligenti” ante litteram, anticipavamo di molto la sveglia del gallo, senza peraltro che ciò ci preservasse da code chilometriche da percorrere a passo d’uomo. Il pomeriggio stesso, comunque, finalmente eravamo in spiaggia.
Ricordo il profumo misto di sale e alghe che si sentiva intenso al nostro arrivo e che, come la gioia effimera regalata dalle cose della vita appena acquisite, da lì a poco non avremmo più avvertito.
I megafoni sui pali altissimi inondavano la spiaggia a gran voce “Come with me for fun in my Buggy” e ovunque era un brulicare di pelli lucide di sudore e crema solare. Anche i movimenti, disarmonici e caotici, da lontano parevano quelli dei bigattini sparpagliati al sole.
Ogni famiglia poneva a quartier generale il proprio ombrellone e l’attività principale era l’osservazione antropologica degli accampamenti vicini. Vi erano naturalmente altre occupazioni. Tra le più in voga in quel periodo erano i classici castelli di sabbia: padri e figli impegnati in una fittizia collaborazione alla loro costruzione, che li avrebbe portati a litigare per una qualche manovra maldestra del minore in grado che, abbattuto uno o l’altro dei torrioni centrali, avrebbe poi finito l’opera di distruzione frignando, incurante delle proteste del padre.
Un altro sano divertimento era la pista con le biglie digitali (nell’antica accezione del termine) dei campioni. Grosse biglie trasparenti con l’effige interna di Gimondi, Merckx e altri pedalatori famosi che ho scordato, che con schiocchi del dito indice a mo’di calcioni assestati alle loro prestigiose chiappe, venivano fatte avanzare nella pista disegnata con le meno nobili, ma rivalutate all’occasione, proprie.
Ma niente di tutto ciò era attrattivo per me e, mentre i miei fratelli col culo già infarinato erano all’opera, io cercavo il momento giusto per chiedere a mio padre il permesso di andare al pontile di Igea Marina, qualche centinaio di metri più giù: lì di sicuro avrei trovato qualche pescatore!
Ottenuto un permesso contingentato, ricordo mio padre guardarmi sconsolato mentre mi avviavo al pontile. Un leggero rollio della testa ne tradiva la delusione. Lui non capiva. Appassionato alpinista detestava la pesca e non concepiva come si potesse star fermi sul posto per ore, senza far niente, a guardare un fesso, impalato come il bastone che regge, pescare il nulla. Nessuna fatica. Nessuna vetta. Niente di niente.
Arrivato di corsa al pontile mi sedevo per terra, con discrezione e non troppo vicino all’immancabile pescatore, cercando di strozzarmi in gola quelle domande che, avevo già imparato, lo avrebbero irritato moltissimo. Tipo: “Ha pescato qualcosa?”; “che pesci si pescano?”; “mi fa tenere in mano la sua canna un attimo con la promessa di non mollargliela mai più?”.
Fosse per me non mi sarei più mosso da lì, a fissare per ore quel sughero mal galleggiare su e giù per l’onda, con repentini e impercettibili affondamenti che parevano imitare quell’abboccata che, più io per la verità, anelavo ad ogni istante. Tanto l’illusione bastava a tenere vigile l’interesse e accesa la speranza.
Ma per una ragione inspiegabile, una sorta di distorsione dello spazio-tempo non pienamente compresa nemmeno da Einstein (che per la verità si verifica ancora oggi quando sono a pesca), mentre dal mio punto di vista stavo seduto lì solo da pochi minuti, per l’orologio di mio padre il tempo era trascorso molto più velocemente ed ora lo vedevo arrivare, passo svelto, con il piglio non proprio rassicurante di chi ha una voglia matta di sacramentare.
Il rollio s’era fatto imperioso.
Io gli risparmiai l’ultimo tratto correndogli incontro, volendo preservare la mia reputazione presso i pescatori.
Per fortuna, per tornare al campo base aveva scelto di camminare lungo il bagnasciuga: lì avrei potuto trovare qualche pesce.
L’anno prima avevo trovato una piccola tracina agonizzante (pesce Ragno la chiamano i marinai) che, nel momento in cui mi apprestavo a raccoglierla per mostrarla ai miei in tutta la sua beltà, in tutta risposta col suo pungiglione mi spedì dritto dritto al pronto soccorso. A spregio del dolore tremendo che dovetti sopportare, quell’incidente non scalfì minimamente l’attrazione morbosa che provavo per i pesci. D'altronde a me i ragni non erano mai piaciuti ed avevo imparato a scansarli, così avrei fatto anche con quel pesce ingrato.
Tornati indietro, l’espressione assassina di mia madre mi faceva intuire che non c’era più margine per pensare di esprimere altre mie singolari peculiarità. Sarebbe stato meglio uniformarmi. Ed infatti quando estraevo dalla scatola Gimondi e soci, vedevo finalmente mio padre rilassarsi. Ora era un impercettibile beccheggio a tradirlo.
Deciso: anch’io avrei giocato!
…avrei costruito con la sabbia una grossa barca e i ciclisti ce li avrei piazzati tutti sopra.
A pescare!
 
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lucatt
view post Posted on 22/5/2014, 09:47




bello scritto Pippo. Che bell'animo che hai. Averne di persone così! :thumb_yello.gif:
 
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view post Posted on 22/5/2014, 09:57

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grazie Luca,
avevo in mentre tre episodi che raccontano bene la mia passione.
se riesco scrivo anche degli altri due.
a presto
 
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Melluz
view post Posted on 23/5/2014, 08:43




Spettacolo Pippo !!
E' un piacere leggere questi racconti ....e si percepisce sia stato altrettanto piacevole per te mettere giù questi ricordi....

Mi colpisce il tuo scritto perchè mi fai tornare alla mente un episodio analogo al quale sono affezionato che mi è accaduto una sera di due anni fa sul molo all'Elba a barracuda.
Stavo cappottando allegramente quando mi si avvicinano un gruppo di bambini con i genitori...l'età poteva essere quella del Pippo del racconto....
Mentre alcuni mi chiesero con insistenza la canna per fare qualche lancio e poi corsero per il molo a fare altro uno più timido forse o solo più affascinato da quello che stava facendo se ne stava li a guardare.
Allora l'ho invitato a provare, gli ho spiegato come lanciare e recuperare ...lui continuò a farlo facendo brillare l'artificiale come ne fosse rapito, fino a che il padre non lo invitò ad andare.
Non dimenticherò mai quello che mi disse, perchè non te lo aspetti da un bambino e mi lasciò di sasso...mi fece " Grazie mille.....non me lo scorderò mai " .
Quella sera rientrai felice nonostante il cappotto e condivisi la cosa con la mia signora sperando di rivederlo nei giorni seguenti ma non fu così.
Chissa, magari anche in lui si è acceso qualcosa....sarebbe bellissimo !!!

Scusa se mi sono preso spazio nel tuo post ma così capisci meglio quanto posso averlo apprezzato ;)

....dai dai vai con i seguiti :thumb_yello.gif:
 
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view post Posted on 26/5/2014, 18:01

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bello! se fosse capitato a me avrei fatto lo stesso.
facilmente mi sarei anche commosso.
grazie Melluz
 
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scardoladelbrian
view post Posted on 26/5/2014, 19:07




Per completare il tuo bel racconto ti ricordo i famosi corridori dimenticati: Dancelli e Bitossi.
Resto in attesa dei prossimi capitoli, specialmente quello sul primo luccio. Ciao Pippo
 
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FAVA
view post Posted on 27/5/2014, 11:15




bella ed emozionante!!!
ciao pippo
 
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6 replies since 21/5/2014, 07:35   775 views
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